DOMENICA 24 NOVEBRE 2024
NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL'UNIVERSO (Dn 12,13-14; Dal Sal 92(93); Ap 1,5-8; Gv 18,33b-37)
Giornata diocesana del Seminario
Giornata per la Parrocchia
08.30 NOZZA S.MESSA
10.00 VESTONE S.MESSA
(Intenzioni: def.ti Leandro, Maria, Santo, Giovanna e Rosetta; Dante e Olga; Francesco e Rosa Ferremi)
18.00 VESTONE S.MESSA
(Intenzioni: def.ti Facchetti Franco; Vampini Luciano; Cattivelli Rosa e Cappa Edda)
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09.30 COMERO - Oratorio ABCF S.MESSA
09.30 MURA S.MESSA
LUNEDI' 25 NOVEMBRE 2024
09.00 VESTONE S.MESSA
10.00 NOZZA Ricovero S.MESSA
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08.30 MALPAGA S.MESSA
MARTEDI' 26 NOVEMBRE 2024
09.00 NOZZA Cappellina S.MESSA
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20.00 BRIALE - S.Carlo S.MESSA
MERCOLEDI' 27 NOVEMBRE 2024
09.00 VESTONE S.MESSA
(Intenzioni: Rassega Giuseppe e Luigia)
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18.00 POSICO - S. Domenico S.MESSA
GIOVEDI' 28 NOVEMBRE 2024
17.00 LAVENONE S.MESSA
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17.00 ALONE S.MESSA
18.00 AURO S.MESSA
VENERDI' 29 NOVEMBRE 2024
09.00 VESTONE S.MESSA
(Intenzioni: def.ti Antonio e Delia)
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18.00 CASTO Addolorata S.MESSA
SABATO 30 NOVEMBRE 2024
Sant'Andrea, apostolo (festa)
17.00 LAVENONE S.MESSA
(Intenzioni: def.ta Bertolotti Maria)
18.00 NOZZA S.MESSA
(Intenzioni: def.to Turrini Davide)
19.00 PROMO S.MESSA
(Intenzioni: def.ti Corti Daniele; Rassega Candido; Francesco Bona; Sergio, Fabio e Paolo (dai coscritti 1972))
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18.00 CASTO S.MESSA
19.15 AURO S.MESSA
DOMENICA 1 DICEMBRE 2024
I DOMENICA di AVVENTO (Ger 33,14-16; Dal Sal 24 (25); 1Ts 3,12-4,2; Lc 21,25-28.34-36)
08.30 NOZZA S.MESSA
10.00 VESTONE S.MESSA
(Intenzioni: def.ti Vanda e genitori; Zeni Itala)
18.00 VESTONE S.MESSA
(Intenzioni: def.ti Barbara de Donatis; Cappa Leandrina; Vassalini Angelo)
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09.30 COMERO - Oratorio ABCF S.MESSA
09.30 MURA S.MESSA
DOMENICA 24 NOVEMBRE: si celebra la Giornata diocesana del Seminario
Preghiera per il Seminario
Padre Santo, Tu che disponi ogni cosa con sapienza e nella tua bontà provvedi alla Tua Chiesa, donaci, per la Tua maggior gloria, vocazioni al ministero ordinato, e fa’ che i seminaristi di oggi siano domani sacerdoti santi. Te lo chiediamo per Cristo, Tuo Figlio, nostro Signore. Amen.
Santa Maria, Vergine Immacolata, prega per noi.
ALTRI APPUNTAMENTI
GIOVEDI’ 28 NOVEMBRE: ore 20.30 “In ascolto della Parola di Dio” presso la Chiesa di VESTONE.
SABATO 30 NOVEMBRE: dalle 15.30 alle 17.30 – Incontro per tutti i GENITORI e per i bambini del 1° ANNO dell’ICFR all’oratorio di VESTONE.
Nel pomeriggio: RITIRO D’AVVENTO per i ragazzi/e delle medie a Provaglio Val Sabbia.
DOMENICA 15 DICEMBRE: Ritiro d’Avvento per Catechisti e Mambri dei Consigli delle Parrocchie dell’Alta Vallesabbia con mons. Faustino Guerini (dell’apostolato biblico).
Per info e iscrizioni rivolgersi a don Tiziano (cell.3495879883)
Dalla Lettera Pastorale del Vescovo sul Battesimo.
La TERZA DOMANDA:
IN CHE SENSO IL BATTESIMO CI RENDE FIGLI DI DIO?
Cercare Dio a tentoni
Credo si debba partire anzitutto dalla visione di Dio che la storia ci consegna. Le civiltà che si sono alternate nel corso dei secoli, fino all’apparizione tra noi di colui che riconosciamo come il Cristo redentore, ci danno testimonianza di un’esperienza religiosa sconcertante e triste. Mentre di queste stesse civiltà suscitano ammirazione le diverse espressioni nel campo del pensiero, della tecnica, dell’arte e del diritto, l’esperienza religiosa appare frustrante, per nulla attraente, cupa e come smarrita. È l’impressione che prova san Paolo quando giunge, durante il suo secondo viaggio missionario, nella città di Atene, culla della sapienza greca e custode di una straordinaria tradizione di pensiero. Merita soffermarsi un momento su questa esperienza. Il libro degli Atti degli Apostoli ce la racconta con una certa ampiezza, considerandola particolarmente significativa. Anzitutto viene presentato il sentimento che l’apostolo prova davanti allo spettacolo dell’idolatria: mentre attendeva ad Atene Sila e Timoteo «fremeva dentro di sé al vedere la città piena di idoli» (At 17,16). Un fremito interiore, un dolore spirituale e insieme una sorta di impulso prepotente a contrastare ciò che appare indegno di Dio e della stessa umanità. Paolo non può tollerare quello che vede. Ne è profondamente rattristato. Sente il bisogno di riscattare questa caricatura di Dio e di farlo offrendo il lieto annuncio del Cristo risorto. Per questa ragione si mette a discutere con certi filosofi epicurei e stoici (cfr. At 17,18), ma senza suscitare alcun interesse. Occorre dire, in verità, che Atene, nel corso dei secoli, era diventata una città disincantata e fondamentalmente scettica. L’autore del libro degli Atti ne dà un giudizio insieme ironico e severo. «Tutti gli Ateniesi – scrive – e gli stranieri là residenti non avevano passatempo più gradito che parlare o ascoltare le ultime novità» (At 17,21). Nulla, tuttavia, può fermare lo zelo apostolico di Paolo, il quale decide di parlare nell’areopago di Atene, il cuore della città. A questo scopo egli prepara con grande cura un discorso da rivolgere ai suoi uditori (cfr. At 17,22-31). L’esito del suo raffinato discorso è fallimentare. Quando infatti giunge a parlare della risurrezione di Gesù tutti lo deridono. Salvo pochissimi, nessuno dei suoi uditori dà credito a quanto egli dice, nessuno accoglie il Vangelo.
In questo discorso, tuttavia, Paolo manifesta una convinzione che dal nostro punto di vista va considerata preziosa. Egli la esprime così: «Egli [Dio] creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio perché cerchino Dio, se mai, tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi» (At 17,26-27). L’esperienza religiosa dei popoli lungo i secoli è presentata da Paolo come una ricerca di Dio compiuta a tentoni, come un muoversi incerto nell’oscurità. L’idolatria che egli constata ad Atene testimonia questa verità. Si tratta di una religione pagana, cioè incapace di offrire una vera conoscenza di Dio (cfr. Mt 6,7-32). Il mistero santo viene frantumato in una molteplicità di idoli, che la fantasia umana rappresenta in molti modi, attingendo – non potendo fare altro – alla sua stessa esperienza. Gli animali, gli astri, gli elementi della natura vengono identificati con la divinità. L’uomo si inchina davanti a loro, perdendo la sua dignità, e offre loro in sacrificio quanto ha di più prezioso, la sua stessa vita e quella dei suoi figli. Il senso innato della trascendenza si trasforma nella paura del divino, percepito come incombente, ostile e geloso dell’umana felicità. La religione così intesa appare incapace di garantire un ordine sociale, in particolare la giustizia e la pace. Una nebbia fitta è stesa sulle nazioni, in attesa di una rivelazione che apra un orizzonte di verità.
Una confidenza inimmaginabile
Sullo sfondo di questa desolazione religiosa, non priva tuttavia di speranza, perché, come ricorda lo stesso Paolo agli Ateniesi, «Dio non è lontano dagli uomini» (cfr. At 17,27), si staglia l’esperienza straordinaria di Dio proposta da san Paolo. Essa fa tesoro del cammino percorso dalla rivelazione nei tempi della Prima Alleanza, stabilita con i figli di Israele, dove il Signore Dio dei cieli si era manifestato con il suo volto di Padre. Nel libro del profeta Isaia si legge: «Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore» (Is 63,16). Con l’annuncio del Vangelo, il volto paterno di Dio diviene il volto che Gesù, il Figlio amato, ha rivelato. La novità del cristianesimo non consiste propriamente nella rivelazione della paternità di Dio, che già Israele aveva avuto la grazia e la gioia di riconoscere, ma nella possibilità offerta agli uomini di condividere la conoscenza del Padre che ebbe Gesù, il Figlio suo, quando venne in mezzo a noi. I cristiani potranno rivolgersi a Dio chiamandolo Abbà, come Gesù lo chiamava (cfr. Mc 14,36), utilizzando il termine aramaico con il quale nelle famiglie i figli si rivolgevano al padre, dall’infanzia fino all’età adulta. San Paolo lo dichiara esplicitamente: «Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre!”» (Rm 8,14-15).
Entrare nel segreto della comunione di Gesù con il Padre, sentire il mistero di Dio con l’intimità di colui che da sempre ne condivide la gloria: ecco la novità della rivelazione cristiana. Il Vangelo di Giovanni è quello che maggiormente ci parla di questa intima comunione del Figlio con il Padre. Gesù dice ai suoi discepoli: «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30). E ancora: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Gv 14,9). E di nuovo: «Io non sono solo, perché il Padre è con me» (Gv 16,32). San Paolo scriverà che, con la risurrezione, Gesù è diventato «il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29) e in effetti Gesù stesso, apparendo a Maria di Magdala, le dirà: «Va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”» (Gv 20,17). Siamo dunque figli nel Figlio di Dio, figli adottivi perché divenuti tali in colui che lo è da sempre (cfr. Eb 1,1-4). Sentire il mistero di Dio con questa inimmaginabile confidenza è ciò che diviene possibile grazie al Battesimo. «Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio; e lo siamo realmente!» (lGv 3,1) – scrive Giovanni, non senza emozione. Che cosa significhi questo e come lo si possa percepire in tutta la sua bellezza e verità, solo i santi ce lo possono raccontare. In ogni caso, questo è il dono che il Battesimo ci fa, nella forma di un germe che è per sempre piantato in noi. Prima del Battesimo cristiano e al di fuori di questo, una simile esperienza di Dio non è possibile. Si è figli di Dio dalla nascita, perché sue creature; si è figli di Dio nel Figlio suo, cioè si condivide la sua esperienza della paternità di Dio, solo grazie al Battesimo. In questo senso il Battesimo offre quella che possiamo definire una opportunità di vita assolutamente unica.