Avvisi dal 20 al 27 Ottobre 2024

DOMENICA 20 OTTOBRE 2024
XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Is 53,10-11; Dal Sal 32(33); Eb 4,14-16; Mc 10,35-45)
Giornata missionaria mondiale
07.30 NOZZA S.MESSA
10.00 VESTONE Celebrazione PRIME COMUNIONI

15.30 LAVENONE Ora di Guardia (S.Rosario)
18.00 VESTONE S.MESSA
(Intenzioni: Daniele e Diletta - Zolani Maria e Roberto - De Franceschi Domenico
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09.30 COMERO - Oratorio ABCF S.MESSA
11.15 MURA Celebrazione PRIME COMUNIONI
LUNEDI' 21 OTTOBRE 2024
09.00 VESTONE S.MESSA
10.00 NOZZA - Ricovero S.MESSA
14.30 NOZZA Funerale Amadia Andreoli
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08.30 MALPAGA S.MESSA
MARTEDI'  22 OTTOBRE 2024
San Giovanni Paolo II, papa
18.00 NOZZA - Cimitero S.MESSA
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20.00 BRIALE - S.Carlo S.MESSA
MERCOLEDI'  23 OTTOBRE 2024
18.00 MOCENIGO - San Francesco S.MESSA
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18.00 POSICO - S. Domenico S.MESSA
GIOVEDI'  24 OTTOBRE 2024
17.00 LAVENONE S.MESSA
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18.00 ALONE S.MESSA
18.00 AURO S.MESSA
VENERDI'  25 OTTOBRE 2024 
09.00 VESTONE S.MESSA
(Intenzioni: Antonio e Delia)
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18.00 CASTO - Addolorata S.MESSA
SABATO 26 OTTOBRE 2024
17.00 LAVENONE S.MESSA
(Intenzioni: Irma, Faustino e familiari)
18.00 NOZZA S.MESSA
19.00 PROMO S.MESSA
(Intenzioni: def.ti Corti Daniele - Francesco e Bona - Mario e Domenica - Falappi Luisella)
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18.00 CASTO S.MESSA
19.15 AURO (Santuario) S.MESSA
DOMENICA 27 OTTOBRE 2024
XXX Domenica del Tempo Ordinario (Ger 31,7-9; Dal Sal 125(126); Eb 5,1-6; Mc 10,46-52)
Anniversario della dedicazione delle Chiese Parrocchiali
07.30 NOZZA S.MESSA
10.00 VESTONE S.MESSA
(Intenzioni: def.ti Ferremi Giulia e Alessandro)
18.00 VESTONE S.MESSA
(Intenzioni: def.ti Martinelli Vincenzo - Battista e Mery)
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09.30 COMERO - Oratorio ABCF S.MESSA
09.30 MURA Battesimo Eva Freddi

ALTRI APPUNTAMENTI

GIOVEDÌ 24 OTTOBRE: ore 20,30 In Ascolto della Parola di Dio presso la chiesa di VESTONE
SABATO 26 OTTOBRE: dalle 10,30 alle 11,30 CONFESSIONI presso le chiese di VESTONE e MURA;
Nel pomeriggio in oratorio di VESTONE: Incontro per bambini e genitori del 1° ICFR
SABATO 26 OTTOBRE: dalle 15.00 a BAGOLINO ingresso del nuovo parroco don Francesco Mattanza
DOMENICA 27 OTTOBRE: Serata ADOLESCENTI a Vestone
alle 18.00 si partecipa insieme alla Messa, alle 19.00incontro e poi pizza insieme.

Continuiamo la lettura della Lettera Pastorale del Vescovo sul Battesimo.
Siamo al secondo punto della risposta alla prima domanda: Cosa cambia tra l’essere battezzati e non esserlo?


Quelli che non hanno paura della morte
Dei primi cristiani colpiva soprattutto il modo con cui affrontavano la morte. A cominciare dal primo martire Stefano, lapidato a Gerusalemme, arrivando a quanti, a causa del nome di Gesù, venivano giustiziati nei palazzi dei governatori romani o trucidati nei circhi, ciò che più impressionava erano il coraggio e la serenità con cui essi affrontavano i tormenti e accettavano di subire una morte ingiusta e crudele. Nessuna parola di vendetta, nessun gesto di rabbia, nessuna maledizione o minaccia, ma anche nessun terrore, nessuno spavento, nessuna angoscia. Piuttosto una pacata fermezza, una mite sopportazione, un’invincibile benevolenza. Molti di quanti li vedevano morire in quel modo e gli stessi loro carnefici rimanevano profondamente stupiti, spesso ammirati.
Li definivano: “Quelli che non hanno paura della morte”. come si può non temere la morte?
Come hanno potuto i primi cristiani e poi i tanti martiri della storia della Chiesa affrontare la morte, e una morte cruenta, senza paura e senza ribellione? Non sbaglieremmo se dicessimo che tutto questo trova la sua ragione nel Battesimo che hanno ricevuto. Scrivendo ai cristiani di Roma, san Paolo dice: «Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del Battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,3-5). Il Battesimo cristiano fa dunque sperimentare la vita che non teme la morte, la vita contro la quale la morte non può nulla, perché è la vita scaturita dalla risurrezione del Cristo crocifisso.
Occorre fermarsi un attimo a riflettere su cosa intenda la Parola di Dio quando tratta della morte e della vita. Questo ci permetterà di parlare con maggiore consapevolezza della paura della morte, della sua natura e delle sue ragioni, e di giustificare la possibilità del suo superamento. È utile a questo proposito richiamare un passo della Lettera agli Ebrei: «Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita» (Eb 2,14-15). A sua volta, questo passo rimanda a un testo del Libro della Sapienza, dove si legge: «Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte, né il regno dei morti è sulla terra» (Sap 1,13-14). E ancora più avanti: «Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura. Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono» (Sap 2,23-24).
Ci viene offerta in questi testi una chiave di lettura dei primi capitoli del Libro della Genesi, dove si parla della creazione dell’uomo, della sua destinazione alla vita e del rischio tragico della morte. Quest’ultima è presentata nel secondo capitolo del Libro della Genesi come conseguenza della disobbedienza dell’uomo al Creatore, causata dal sospetto verso la sua bontà, fomentata da un enigmatico tentatore e tutta imperniata su di un inganno. Il Signore Dio aveva detto all’uomo: «Non mangiare del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male – cioè non pretendere di essere tu a decidere cosa sia bene e cosa male altrimenti farai l’esperienza (terribile) della morte» (cfr. Gen 2,16-17). 11 serpente – animale velenoso e viscido, che evoca il nemico giurato dell’uomo – dice alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male» (Gen 3,4-5). Proprio il sospetto che Dio consideri l’uomo suo subalterno e gli imponga un limite per dominarlo, induce prima la donna e poi l’uomo a mangiare il frutto di quell’albero misterioso, rivendicando il diritto di determinare autonomamente il bene e il male. L’effetto di una simile decisione è devastante ed è opposto a quello prospettato. «Si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture» (Gen 3,7). L’uomo e la donna prendono ora coscienza del loro limite e della loro fragilità, si temono a vicenda, non sono più sicuri del loro stesso sguardo. Si sentono nudi, esposti e minacciati. Devono coprirsi per difendersi. Qualcosa è cambiato, un equilibrio si è rotto, l’armonia tra di loro è stata compromessa. Subentra inoltre la paura. Al Signore Dio che gli chiede: «Dove sei?», Adamo risponde: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto» (Gen 3,9-10). Paura di Dio e paura degli altri, paura della morte che ha attaccato la vita e che è entrata nel mondo con la sua forza devastante. Così si esprime il testo biblico sulle origini!
Che cos’è dunque, precisamente, la morte? Che cosa possiamo dire di lei quando con il coraggio necessario proviamo a interrogarci sulla sua inquietante realtà, ammaestrati dalle sante Scritture? Siamo tutti portati a pensare che la morte coincida con la fine di questa nostra vita, cioè con l’ultimo nostro respiro. Una fine che istintivamente ci sgomenta. Certo la morte è anche questo, ma per la Parola di Dio non è solo questo. L’essenza della morte, con la paura che si trascina con sé, riguarda non solo il futuro ma anche il presente. Potremmo dire che la morte ci segue nel nostro cammino quotidiano e assume la forma di una vita tradita, sfigurata, ferita, oscurata nella sua bellezza e svilita nella sua nobiltà, una vita che di conseguenza diventa infelice. La morte è mancanza di vita nell’oggi e perdita della vita alla fine. Vi corrispondono due forme di paura: la paura di quel che ci succede (o non ci succede) giorno per giorno e la paura di quel che alla fine ci succederà; la paura di non vivere, di non essere felici, di dover soffrire, di essere esposti al pericolo, di sentire la vita come un peso o addirittura come una maledizione, e la paura di finire, di scomparire, di precipitare nel nulla quando il cammino dei giorni si concluderà. Questa duplice paura – ci dice la Lettera agli Ebrei – tiene l’uomo in schiavitù, in qualche modo lo soggioga, lo condanna all’angoscia e alla disperazione. E non soltanto questo. La paura della morte rende l’uomo vittima di un’illusione. Per salvarsi dalla morte, dal rischio di non vivere nel presente e dalla prospettiva di scomparire nel futuro, l’uomo è spinto a guardare la sua vita nella logica del godimento, della cieca esaltazione di sé, della ricerca ossessiva della propria affermazione. Tutto – anche il bene e il male – viene visto nella prospettiva del proprio io, divenuto idolo a se stesso, ma anche vittima di un tragico accecamento. Si vuole a tutti i costi trattenere per sé la vita e invece la si perde (cfr. Mc 8,35).
Il Battesimo cristiano introduce in un’esperienza di vita totalmente opposta e offre la possibilità di sperimentare per la potenza di Dio una reale libertà nei confronti di questa paura che incatena il cuore dell’uomo. La mite serenità dei martiri cristiani di fronte a una morte violenta e ingiusta rappresenta in verità l’epilogo di una vita pacificata dalla fede nel Cristo risorto, la cui sorgente è il Battesimo. Così scrive san Paolo ai cristiani di Roma: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,35.37-39). Per questo in un altro passo aggiunge: «Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore» (Rm 14,7-8). E nella Lettera ai Filippesi confessa: «Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno» (Fil 1,21). Con il Battesimo si viene misteriosamente immersi in questo amore vittorioso sulla morte, che dà speranza
al presente e al futuro.